TESI - cap. 3.09 Evidenze scientifiche e aneddotiche sull’efficacia del Kombucha nella prevenzione e cura del cancro
Nel 1964 il dr. Rudolf Sklenar (26 e 27) sviluppò con successo un metodo di cura naturale del cancro in cui il Kombucha è utilizzato come terapia di appoggio per “… disintossicare i pazienti “sotto ogni aspetto e dissolvere i micro-organismi (patogeni- N.d.A.) così come l’acido urico e il colesterolo”. Inoltre al Kombucha era affidato l’importante compito di ripristinare una corretta flora intestinale, unitamente ad altri rimedi biologici come il Colibiogen (uno speciale filtrato di Escherichia Coli).
Nel 1981 il dr. Valentin Kòhler pubblicò sulla rivista medica “Àrztliche Praxis” (Pratica Medica) (16) un articolo dal titolo “ L’acido glucoronico costituisce una speranza per gli ammalati di cancro”, in cui riferisce gli incoraggianti risultati ottenuti nel trattamento del cancro tramite l’uso di acido glucoronico (che come ricordiamo è uno dei principi più attivi del Kombucha).
Egli affermava che nel lungo termine l’acido glucoronico incrementa le difese dell’organismo e rende più efficiente il metabolismo ossidativo (ricordiamo che le più moderne teorie attribuiscono la degenerazione cancerogena delle cellule ad una carenza locale di ossigeno, con conseguente instaurazione di un metabolismo basato sulla fermentazione e non sull’ossidazione, come nelle cellule sane – vedi i lavori di Moermann (22), Manfred von Ardenne (citazione in (13) a pag 101), Enderlein (7), Gerson (6), Seeger (24 e 25), Kremer (18), Fryda (8) e Alix (13) ). Inoltre Khòler verificò che il Kombucha aumenta anche la produzione di interferone (che nelle moderne terapie è spesso somministrato in dosi massicce a chi ha ormai già sviluppato un cancro).
Il dr. Kòhler riporta anche sorprendenti successi nel trattamento di alberi malati, che per quanto interessanti esulano però da questo lavoro.
Il dr. A. J. Lodewijkx scrive che il Kombucha purifica il sistema ghiandolare e promuove l’eliminazione di tossine e acido urico, ma soprattutto “… è un eccellente rimedio contro il cancro specialmente ai suoi primi stadi, perché il “fungo” Kombucha esercita una potente influenza sugli endobionti che causano il male…In tutte le malattie del metabolismo e nel cancro, il Kombucha è una bevanda unica per la disintossicazione del corpo. Il Kombucha rimuove le scorie metaboliche e perciò normalizza il PH del sangue” (1). (Vedi nota *2).
Alexander Solzhenitzyn in “Cancer Ward” (Quartiere del Cancro) e nella sua autobiografia racconta dettagliatamente che quando era in prigione venne colpito da un cancro allo stomaco che non gli avrebbe dato scampo, dato che si era ormai diffuso con metastasi ai polmoni, al fegato, all’intestino e probabilmente ovunque, e che inaspettatamente guarì in modo completo bevendo tè di foglie di betulla (difficilmente avrebbe infatti potuto in quel luogo procurarsi del tè vero) fatto fermentare col Kombucha.
Per la preparazione del Kombucha si può infatti utilizzare anche un tè di erbe quando si vuole ottenere un particolare effetto. Secondo Gùnther Frank già Paracelso faceva segretamente fermentare le più diverse erbe medicinali col Kombucha, ottenendo una “particolare efficacia” (9). Per esempio il tè di betulla stimola il sistema urinario.
E’ comunque buona norma, per noi che non siamo in un campo di concentramento russo, aggiungere anche una parte di tè nero alle erbe di volta in volta scelte, perché sembra che il Kombucha ne esca particolarmente rafforzato (vedi oltre). E’ poi verosimile che Solzhenitzyn, o chi per esso, a causa della probabile carenza di zucchero abbia utilizzato anche l’alburno e la linfa di betulla per dolcificare il tè di foglie e dare sostentamento ai lieviti. E’ noto infatti che sotto la corteccia della betulla si trova una sostanza zuccherina, assai nutriente e ricca di proprietà medicinali. Il tè fatto con l’alburno di betulla guarisce per esempio la diarrea, i reumatismi e i disturbi intestinali. La linfa di betulla è assai drenante e depurativa. Il tè di foglie di betulla è astringente, diuretico, utile nei problemi intestinali ma soprattutto è antielmintico e viene popolarmente utilizzato per espellere i vermi intestinali (14). Secondo Hulda R. Clark i parassiti intestinali sono fortemente coinvolti nella genesi del cancro (10 e 11) e comunque sono “sempre presenti nel corpo” in caso di cancro conclamato e sono assai dannosi per l’organismo, dato che in questo caso ne impedirebbero sistematicamente la guarigione.
Per questa ragione personalmente penso che Solzhenitzyn abbia goduto di una serie di circostanze favorevoli (non ultima la sua strenua motivazione a vivere e il grande Disegno di Vita che la sua Anima immortale si apprestava a portare a termine) che hanno integrato e rafforzato l’azione risanante del Kombucha.
Chi riconquista un rapporto armonioso col proprio Sé è in grado di guarire da qualunque malattia.
(Vedi in proposito i meravigliosi scritti di Edward Bach, scopritore dell’efficace metodo di cura tramite l’intervento sugli stati d’animo (floriterapia di Bach). Illuminante è la lettura del suo minimale ma stupendo libretto “Essere se stessi”, Macro Edizioni ).
Fatto sta che è storicamente appurato che Solzhenitzyn guarì dal cancro bevendo il suo tè di betulla fatto fermentare col Kombucha.
Nel 1983 l’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan si ammalò di cancro. Fu sottoposto a diversi interventi per eliminare metastasi all’intestino, alla vescica e al naso. Non tollerava più la chemioterapia e nuove metastasi continuavano ad apparire. I suoi medici curanti, che avevano letto l’autobiografia di Solzhenitzyn che nel frattempo era stato insignito del premio Nobel, non sapendo più che cosa fare interpellarono lo scrittore che viveva negli Stati Uniti e su consiglio di quest’ultimo fecero bere a Reagan un litro di Kombucha al giorno, ottenendo l’arresto della proliferazione del male (9)
(Sembra però che Reagan non sia riuscito a guarire in modo definitivo, perché oramai il suo organismo era già stato massacrato da anni di invasive cure allopatiche. Solzhenitzyn al contrario, essendo internato in un campo di concentramento, aveva avuto la “fortuna” di non essersi sottoposto ad alcun trattamento medico moderno, conservando quindi intatto e funzionante il proprio metabolismo e il proprio sistema immunitario, e con essi la possibilità di guarire).